Desiderio del Cielo
Fuori del Coro | n. 29-1999
Di ritorno dalle vacanze in Val d’Aosta, il Papa ha dedicato la sua catechesi del mercoledì al Cielo, al Paradiso, a quello che nel vissuto tradizionale della fede è sempre stato identificato come il “luogo” della beatitudine eterna. Ma un passaggio della sua predicazione ha particolarmente colpito, quando ha detto che “il Cielo o la beatitudine nella quale ci troveremo non è un’astrazione, neppure un luogo fisico tra le nubi, ma un rapporto vivo e personale con la Trinità Santa”. Dunque il Cielo, che è immagine dell’infinito in cui abita il Padre nostro, non è immediatamente identificabile con il Paradiso: il Paradiso non è perciò da cercare tra le nubi, né si identifica con un luogo lontano dalle apparenze terrene, per cui è vano cercare Dio in un sito con coordinate spazio-temporali. E allora dov’è il Paradiso?
Il Papa è stato chiaro: non in un luogo spaziale, non in qualcosa che l’uomo possa assimilare ad una circostanza nota, ma in una relazione, nello stato di beatitudine in cui potremo vedere Dio “faccia faccia” come dice S. Paolo. E poiché questo desiderio di vedere Dio è la tensione originaria di ogni anima, è il caso che nel momento del meritato riposo si cerchi uno spazio di silenzio e di calma interiore per esplorare il Mistero. Per questo è interessante che il Papa, invece di richiamare ad una moralità maggiore nel periodo estivo delle scappatelle e delle trasgressioni, si preoccupi di parlare del Paradiso per liberarlo da ogni immaginazione fantastica o irrealistica, e restituirlo alla coscienza come il modo dell’incontro tra l’umanità e l’Infinità di Dio. Certo siamo tutti nelle condizioni di Dante, che nel momento della visione del Mistero assoluto della Trinità perde la capacità di esprimere con le parole la profondità di quello che ha contemplato. Ma se è vero che il Paradiso è la meta di ogni uomo in quanto termine del suo desiderio più vero, non si può cercarlo in piccole soddisfazioni o in piaceri effimeri, ma si deve esplorarlo nella prospettiva del significato della vita e dell’essere. Il Paradiso è questione di gioia di una relazione con Dio, non di una semplice soddisfazione dei propri personali bisogni; è questione di misura vera delle cose che fa riacquistare a tutto il suo significato originario ed autentico.
Perciò le parole del Papa giungono opportunamente ad illuminare il tempo delle vacanze, che altrimenti rischia di ridursi a pura distrazione e a fuga dalla coscienza del proprio destino, aggiungendo tra l’altro questa indicazione precisa: “Se sapremo godere ordinatamente dei beni che il Signore ci elargisce ogni giorno, sperimenteremo già quella gioia e quella pace di cui un giorno godremo pienamente. Sappiamo che in questa fase terrena tutto è sotto il segno del limite, tuttavia il pensiero delle realtà ultime ci aiuta a vivere bene le realtà penultime”. Abbiamo tutti bisogno di ritrovare nella quiete delle ferie il valore della realtà ultima del senso; e la via di accesso è proprio il godimento di quella bellezza della natura o dell’arte che introduce alla contemplazione di ciò che sta “oltre il Cielo”, di cui le cose sensibili sono “segno”.
Il Papa sembra veramente aver approfittato delle sue vacanze non solo per un ristoro fisico o psicologico, ma per riproporre un giudizio chiaro sull’esistenza. Per questo credo che guardando il cielo nelle prossime settimane, da qualunque luogo di villeggiatura o dall’afa delle città, ci verrà in mente questa catechesi che, mentre invita a guardare la bellezza del cielo creato, apre ad una più realistica contemplazione della gloria di Dio nei cieli della nostra coscienza. E, per analogia, se il senso del Paradiso è relazione, l’augurio è che in queste vacanze ogni relazione sia un anticipo di Paradiso.