Famiglia radice dell’uomo
Fuori del Coro | n. 16-2010
Dal 29 maggio al 3 giugno 2012 Milano sarà la sede del VII incontro mondiale delle famiglie, organizzato dal Pontificio Consiglio per la Famiglia cui il Papa ha inviato un messaggio per commentare il titolo della manifestazione dedicata al tempo del lavoro e al tempo della festa. Data per spacciata agli inizi degli anni ’70 da una mentalità laicista, impastata di libertarismo anarchico e di rifiuto della tradizione, la famiglia, nonostante l’aumento dei divorzi e delle unioni di fatto, sembra tenere sia come istituzione che soprattutto come “luogo” delle esperienze fondamentali dell’uomo. In famiglia si vivono, infatti, quelle relazioni fondanti che identificano il volto di ogni persona, da quella generatrice ed educativa con il padre e la madre a quelle fraterne e solidali con il nucleo parentale che insegnano l’aspetto comunitario dell’esistenza.
La famiglia è, in sostanza, il nucleo centrale dell’esperienza affettiva che conferisce un senso decisivo all’esistenza, e permane la cellula primaria della società in cui si sposa la percezione di un bene comune da realizzare con la consapevolezza che il destino di ogni suo singolo membro è singolare ed irripetibile. Perciò sarebbe impensabile una società che non si prendesse cura di questa risorsa imprescindibile per la sua stessa crescita ordinata ed armonica. Per questo, riprendendo un fortunato ed appropriato slogan usato quasi trent’anni fa in un convegno a Varese, possiamo a pieno titolo definire la famiglia come “radice dell’uomo”, ossia come seme vitale da cui l’umanità di ciascuno può crescere e fiorire in tutte le sue dimensioni.
Non v’è dubbio però che oggi l’esperienza del lavoro e le sue strutture organizzative contraddicono i tempi della famiglia: a fronte dei tempi condizionati dalle esigenze di produttività e di efficienza che sono imposti dal lavoro, la famiglia scopre l’urgenza di avere tempi più distesi e liberi, meno affannati dall’urgenza di ottenere risultati. Il tempo della produzione finisce così a contrapporsi al tempo della relazione, con il risultato che “si vive di fretta”, nell’attesa di un tempo della festa che finisce però a trasformarsi solo in occasione di evasione e di “fuga” dalle fatiche lavorative, perdendone la caratteristica dimensione di possibilità di ricreazione e di ripresa della profondità dei rapporti coniugali, parentali, filiali. Si tratta, invece, di riscoprire il tempo della festa come occasione per ritrovare la verità della comunione familiare, in un giusto riposo e distacco, ma soprattutto in una ricreazione di situazioni e di rapporti che aiutino ogni membro della famiglia a ritrovare se stesso. La conciliazione del lavoro con la famiglia, soprattutto per la donna, rimane perciò una priorità, tenendo conto delle effettive condizioni economiche che impongono almeno una revisione delle politiche sociali e fiscali. Interessante a questo riguardo la proposta del Forum delle Associazioni familiari di ridistribuire i carichi fiscali sul soggetto famiglia e non solo sul contribuente singolo, calcolando l’imponibile da tassare in base al numero di componenti della famiglia, secondo il principio di un “quoziente familiare” che crea una “no tax area”, cioè una quota di reddito esente corrispondente all’impegno economico che la famiglia deve sostenere per il mantenimento di ciascun componente il nucleo familiare. È solo un esempio, ma che dice di una sensibilità concreta ed operativa verso le esigenze di quell’insostituibile tesoro familiare dalle cui radici l’uomo trae tutto.