Nostalgia della vera umanità
Fuori del Coro | n. 07-2011
Non capita tutti i giorni di assistere ad un evento paragonabile per intensità alla beatificazione di Giovanni Paolo II, seguita da tutto il mondo domenica scorsa. Mentre normalmente si pensa ai Santi solamente come a uomini di Chiesa e alle beatificazioni come a liturgie puramente ecclesiastiche, la beatificazione di Karol Wojtyla è stato un evento umano e mediatico unico, che ha risvegliato in milioni di persone un senso di festa inedito e la nostalgia per un’umanità diversa che il nuovo beato ha evocato, compiendo in ciò il suo primo miracolo.
Perché tanto affetto per quest’uomo e perché tanto unanime riconoscimento per la sua santità, che dovrebbe in sé riguardare solo la Chiesa e i credenti? La risposta sta proprio nel desiderio di possedere quell’umanità vera che questo Papa ha incarnato in tutta la sua vita, e che lo rende non solo grande protagonista della Storia, ma anche modello di ciò che ognuno vorrebbe veramente essere.
Anzitutto il suo amore alla libertà: chi non desidererebbe liberarsi dalla schiavitù delle ideologie, della ricchezza, del pregiudizio, della violenza, cui Giovanni Paolo II ha contrapposto la libertà suprema della ricerca della Verità? Egli ha mostrato che l’io è libero solo quando si apre all’Infinito, riconoscendo che la sua origine è solo in Dio e non nelle creazioni del potere degli uomini o degli Stati. Per cui chi cerca la Verità non si lascia rinchiudere negli schemi del mondo, e rifiuta di essere suddito per riconoscersi piuttosto figlio dello stesso Padre e fratello nella comune appartenenza al destino di felicità cui l’uomo tende. Solo per tale libertà vale la pena di “spendersi” per gli altri come ha fatto Karol Wojtyla, che si è identificato nell’amore per ogni uomo in un’apertura al dialogo con tutte le culture e in un’infaticabile incontro con le folle e con i singoli, aperto alla comprensione delle grandi dinamiche culturali e sociali del suo tempo. Per questo il metodo di Karol il Grande è la sua capacità di inclusione di ogni frammento di bontà e di bellezza dentro l’affetto che l’io prova per il suo destino, e che lo ha reso Papa di una Chiesa che ama tutti senza escludere nessuno, una Chiesa che non deve difendere rendite di posizione o erigere barriere protettive. ma valorizzare ogni frammento di Bene per dare letizia al tempo presente e speranza al futuro da costruire. Questo spiega l’amore rivolto soprattutto ai giovani, che sono maggiormente aperti per la natura stessa della loro età a guardare oltre senza paura delle novità, ma che al tempo stesso hanno bisogno di quel nesso con la Tradizione che il loro Papa ha comunicato con lo stile del padre.
Ma ciò che più ha impressionato tutti è la virile e delicata accettazione del dolore e della malattia sino all’accoglienza della morte come compimento della missione della vita, con cui ha testimoniato in modo decisivo il tocco visibile della santità, mostrando che il destino di morte non è disperante se apre alla certezza che tutto si compie nell’abbraccio definitivo di Dio stesso. Perciò persino la sua fine fisica è stata l’inizio di quell’umanità gloriosa che tutti desideriamo; e il suo funerale con il risuonare del grido ”santo subito” è stato l’inizio della festa che domenica scorsa si è compiuta, nella manifestazione evidente di ciò cui il cuore di tutti anela per trovare pace e gioia.