Abissi di Male
Fuori del Coro | n. 36-2001
Dinanzi alla tragedia dell’America, lo sgomento è tale da far pensare agli abissi di male cui l’uomo può giungere quando smarrisce il senso della realtà e abbandona l’uso della ragione. Il silenzio s’imporrebbe, se non fosse indispensabile esecrare con tutte le energie l’evento terroristico e vigliacco che ha ucciso decine di migliaia di persone senza un perché.
Qualcuno ha parlato di una nuova Hiroshima o della Pearl Harbour del XXI secolo, ma il paragone non tiene: allora c’era una guerra dichiarata, qui siamo in presenza di un nemico oscuro che non accetta alcuna regola, neppure quella bellica. Qualcuno ha visto nelle tragiche scene dello sbriciolarsi dei simboli della potenza occidentale il realizzarsi di sceneggiature di film fanta-politici, ma la realtà ha superato ogni fantasia mostrando una capacità di distruzione senza precedenti, attuata con mezzi neppure tanto sofisticati.
È drammatico pensare che un abisso di odio ha ideato e realizzato una tragedia reale con una sceneggiatura mediatica che aggiunge terrore a terrore, che crea insicurezza su tutto, che toglie fiducia nelle più normali consuetudini della vita lasciando nell’anima un senso di incertezza su tutto. La raffinata ricerca di significati simbolici che ha mosso i terroristi pare, infatti, minare il cuore della stessa coscienza quotidiana: non c’è sistema di sicurezza che abbia potuto bloccare l’attacco che viene dal cielo come una vampa di fuoco, non c’è tempestività di intervento che abbia potuto salvare migliaia di uomini da una morte tremenda; neppure le comunicazioni (fiore all’occhiello della nostra civiltà) hanno saputo evitare la tragedia, ma semmai l’hanno amplificata rendendola ancor più planetaria.
Nulla sarà più come prima: non lo spettro della guerra dichiarata da politici improvvidi o arroganti verrà a turbare i nostri sonni, ma l’angoscia e la paura di qualche imprevedibile atto terroristico minerà alla radice il desiderio di un futuro di progresso e benessere. Questo è forse il messaggio più diabolico che i terroristi hanno voluto lasciare: nessuno pensi di potersela cavare da sé o di gestire liberamente la vita, perché dietro l’angolo c’è il rischio della distruzione, proprio come nella cattedrale della modernità delle torri di New York. È come se qualcuno avesse voluto vestire i panni del giustiziere che condanna l’American way of life, annientando tutti indiscriminatamente, come se fosse il padrone del mondo.
Questa è la tragedia: che qualcuno abbia voluto dare il suo anticipo della fine del mondo (tutti abbiamo pensato ad Apocalisse Now), in nome di non si sa quale principio, azzerando d’un colpo il cammino della nostra civiltà ed innescando una spirale di ritorsione e di vendetta ancor più tremenda della logica di qualsiasi guerra! Che ne sarà della storia, se nessuno ha potuto evitare che montasse un odio così distruttivo?
Mentre le Borse mondiali crollano (e qualcuno speculerà sulla tragedia), mentre gli apparati militari si scaldano, mentre le diplomazie cercano soluzioni e compromessi, nella coscienza di ciascuno di noi rimane più chiaro che il Male c’è, ed ha la proporzioni del Drago dell’Apocalisse e del fuoco che viene dal cielo di biblica memoria. Un Male che vive perché non è vinto nel cuore, perché misericordia e giustizia non guidano più l’umana convivenza, perché nessuno sa più alzare lo sguardo verso il Creatore. E viene da dire che se la Torre di Babele fu abbattuta da Dio per educare gli uomini a non essere arroganti, oggi è l’arroganza di alcuni uomini ad abbattere le torri simbolo della potenza di altri, in una folle pretesa di sostituirsi a Dio con la violenza. Perciò, dinanzi all’abisso del Male l’unica strada percorribile è quella di un grido al Dio vero, perché aiuti l’inermità indifesa dell’uomo.