Anno di grazia 1996
Fuori del Coro | n. 01-1996
Accompagnato dai tradizionali simboli del Capodanno è iniziato il 1996. Il messaggio del 31 dicembre del Capo dello Stato ha invitato a credere nella possibilità che l’Italia possa farcela ad uscire dalle attuali difficoltà; la celebrazione della giornata della pace dedicata alla tutela dei bambini e alla preparazione di un futuro migliore per le giovani generazioni ha infuso un senso di speranza prospettica per l’anno che inizia; le note allegre e spensierate del Concerto di Capodanno da Vienna hanno diffuso quel pizzico di serenità che da decenni accompagna il pranzo del primo dell’anno; gli auguri scambiati con la segreta speranza di incontrare un volto amico che porti fortuna hanno scandito il primo aprirsi degli occhi dopo la veglia più o meno lunga seguita alla mezzanotte.
Tutto secondo la norma e la tradizione, per iniziare un nuovo anno che vorremmo poter chiamare “anno di grazia” come si trova scritto nelle antiche pergamene o nei documenti storici. Anno di grazia, ossia anno di gratuità imprevedibile in cui la vita personale e del mondo possa registrare cambiamenti significativi. Siamo troppo abituati a cercare di prevedere tutto per aspettarci un anno di grazia, eppure ogni anno scrive nel libro della storia qualcosa che non possiamo sapere se non dopo che sia avvenuto; qualcosa che avviene nell’ordine della grazia, appunto, ossia nell’ordine di un destino misterioso che manifesta la presenza di un disegno più grande di quanto si riesce a percepire nell’istante iniziale.
Non sappiamo cosa cambierà nel mondo in questo ultimo scorcio di millennio, ma si possono almeno cogliere i tratti di un atteggiamento adeguato a rendere il 1996 un autentico anno di grazia: attenzione e accoglienza. Attenzione, cioè etimologicamente “tensione verso”, apertura dello sguardo e della mente per vedere il diverso e valorizzarlo; accoglienza, cioè capacità di lasciare entrare l’altro nella propria vita perché essa cambi e si arricchisca di conoscenza e di esperienza. Un’attenzione accogliente che viene tenuta desta dall’incontro con i volti in cui ogni giorno ci si imbatte, perché nel volto (come diceva il grande filosofo appena scomparso Emanuel Levinas) si apre un varco alla Trascendenza, una apertura ad un universo infinito di significati e una profondità inesauribile di novità. Per questo il 1996 è anno di grazia se sarà ricco di incontri veri, se introdurrà a rapporti autentici, se vincerà l’estraneità dominante, se ci colmerà di benedizioni. La benedizione non è la fortuna di chi vince alla Lotteria, ma è l’esperienza di qualcuno che dice bene di noi, che illumina con la sua presenza la nostra vita, che riconosce il significato del nostro essere e ci indica il bene da compiere. La benedizione della vita riguarda dunque non la quantità di beni che verranno accumulati durante l’anno, ma la qualità di esperienza che sapremo vivere fruendo di tutte le occasioni che capiteranno.
E viene allora in mente la vicenda narrata nel film Forrest Gump dove si mescolano insieme il caso e la capacità di scegliere le situazioni: quella piuma che all’inizio del film volteggia posandosi sulla scarpa del protagonista è il simbolo di qualcosa di gratuito che occorre però riconoscere a tempo opportuno. Per questo all’inizio di un nuovo anno, in cui la libertà sarà chiamata a vivere circostanze non prevedibili, è di aiuto ricordare la grande preghiera di benedizione con cui gli Ebrei si scambiavano gli auguri: “Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace“.