Chiude la scuola ed è tempo di esami
Fuori del Coro | n. 10-2010
Chiude un anno scolastico ricco di novità per la riforma Gelmini e denso dei soliti vecchi problemi che affliggono la scuola italiana: verrebbe da dire nulla di nuovo se non il ripetersi della burocrazia di una stanca liturgia degli scrutini finali (accompagnati dalle proteste per la mancanza di fondi nella manovra economica) ed un po’ di scontata ansia per gli esami. Troppo abituati a scandire il tempo dei giovani e delle famiglie in base al calendario scolastico, si rischia, però, di perdere di vista che la scuola non è un’istituzione come le altre, ma ha in sé i caratteri di una continua necessità di auto-rinnovarsi dall’interno per riuscire a mantenere desto ed operativo il senso stesso della propria funzione, che è sostanzialmente educativa. La sua centralità nella vita di un popolo è, perciò, il primo elemento da mettere a tema in un bilancio consuntivo, ed il primo esame che la scuola deve superare è quello di non finire tra le cose inutili, su cui non conviene più investire nessuna risorsa e nessuna aspettativa.
Bisogna anzitutto rendersi conto che la scuola non potrà mai ridursi alla stantia ripetizione di schemi didattici, perché in essa ogni giorno avviene una tappa di quell’avventura della conoscenza creata dalla relazione educativa docenti-discenti: il che non può essere dato per scontato, perché implica l’imprevedibile intrecciarsi della libertà di soggetti reali (adulti e giovani) nella loro decisione di voler crescere in questa esperienza. Perciò compito della scuola non è solo fornire informazioni e verificarne l’apprendimento, ma aiutare attraverso la trasmissione del sapere a far crescere in ognuno la consapevolezza dei propri talenti, della personale vocazione, favorendo quel processo di orientamento per cui si scopre il senso dell’esistenza e non solo la preferenza per una professione. Nulla, infatti, è più importante nel lavoro dell’educatore che dare al discepolo la certezza di avere un destino, uno scopo da compiere, che renda importante l’uscire dall’ignoranza e faccia nascere il gusto dell’apprendere, dal momento che la scoperta della direzione da seguire nasce proprio prendendo sul serio i contenuti delle varie discipline.
Per questo gli insegnanti sono una ricchezza insostituibile che non deve essere mortificata negli schemi di una professione burocratico-impiegatizia. E, a distanza di anni, sono gli stessi studenti divenuti adulti che cominciano a ricordare con riconoscenza quegli insegnanti che si sono spesi per loro, perché hanno lasciato un “segno” nel cammino della crescita, permettendo il fiorire di un’umanità che sarebbe rimasta altrimenti acerba. E Dio solo sa quanto, soprattutto oggi, abbiamo bisogno di “buoni maestri”, appassionati alla loro professione, per non finire nella barbarie.
Ma questi sono anche giorni di esami, da cui imparare che nulla è regalato a basso prezzo e che tutto va conquistato con la fatica ed il merito (anche se a volte accompagnati da un pizzico di fortuna!): è un’occasione per mettersi alla prova di fronte al nuovo ed imprevisto, che fa inesorabilmente parte della vita e di cui la scuola è la prima palestra. E su questo bisogna che una buona scuola dia prova di giusta serietà, commisurata al percorso che ha sviluppato e all’impegno che generato negli studenti. Gli esami non sono una notizia straordinaria, ma solo il naturale compimento di un cammino, un momento di vita di cui essere grati perché temprano il carattere e mettono in gioco l’io nel superare l’ostacolo per fare un passo innanzi.
Perciò niente paura, ma avanti con determinazione per chiudere al meglio il ciclo di studi intrapreso, grati alla scuola che è stata fedele compagna per anni.