Contro lo scetticismo
Fuori del Coro | n. 21-1996
Ancora una volta un messaggio di Giovanni Paolo II giunge al cuore della percezione che l’uomo contemporaneo ha di sé illuminandola in profondità. Si tratta del discorso rivolto dal Papa agli intellettuali durante la sua recente visita in Slovenia. In un passaggio cruciale dice: “La caduta delle grandi ideologie ha messo a dura prova l’ottimismo di un certo umanesimo laico. Oggi la tentazione non è più quella di fondare ogni cosa sulla ragione umana, ma di abbandonarsi ad una pericolosa deriva scettica, all’insegna della stanchezza e della frustrazione”. Infatti il problema non è oggi quello di un eccesso di razionalismo, ma semmai di una crisi radicale della ragione che conduce all’esito scettico di non credere più alla possibilità di trovare principi e valori assoluti cui tutti gli uomini possano riferirsi in maniera sicura. L’esito è la stanchezza, la demoralizzazione, la demotivazione, l’assenza di una prospettiva per il futuro, ed ultimamente il nichilismo di chi nega una finalità esauriente delle cose, rifugiandosi in discorsi di corto raggio o in interessi di breve durata.
Certamente molti plaudono alla fine dei sistemi ideologici e della loro pretesa di costruire un’immagine organica della storia in cui ogni aspetto della realtà venisse interpretato in modo univoco: l’ideologia per definizione non è capace di cogliere la complessità del mistero della vita. Tuttavia l’uomo non può fare a meno di una spiegazione globale della realtà, perché è l’apertura stessa della ragione che conduce alla ricerca del significato. L’individuo privato di una risposta che conduca alla verità, inevitabilmente cerca un surrogato e si addentra in fedi senza sbocco, come oggi avviene per la magia e la superstizione. È ancora il Papa a far notare che il sostanziale materialismo dei nostri giorni conduce non solo allo scetticismo ma ad un’acritica fiducia in forze occulte cui si crede di poter affidare il proprio destino. Così lo scetticismo, che all’inizio è assunto forse come cautela per giungere ad una vera certezza (si pensi al famoso dubbio metodico di cartesiana memoria), si trasforma per paradosso nella più acritica ed ingenua credenza: si rinuncia al Dio rivelato per essere adulti ed autosufficienti, finendo ad affidarsi a forze misteriose di cui nemmeno è possibile dimostrare l’esistenza. È lo strano destino, ben delineato dalla celebre frase di Chesterton “il guaio dell’uomo moderno non è che non crede più a nessuno, ma che crede proprio a tutti”, di una posizione umana che rifiuta di aprirsi all’evidenza del desiderio di una verità certa: svanita la possibilità di una spiegazione sistematica, venuta meno la fiducia nella scienza, perduta la speranza nella politica, ci si rifugia nell’immediatezza della suggestione istintiva, sostituendo al senso religioso la fiducia in maghi e cartomanti (quando addirittura non si colma l’assenza di Dio con la morbosa ricerca dei segni di una presenza satanica).
Questa è la crisi dell’Europa, che per il Papa chiede una precisa terapia: recuperare la memoria delle radici e ritrovare la via alla santità. La storia cui apparteniamo non ammette l’irrazionale come fonte di spiegazione: la novità del Cristianesimo e della filosofia europea sta infatti nella sconfitta del fatalismo e del determinismo e nella riaffermazione di una causalità metafisica e di una visione ragionevolmente finalistica degli eventi. In più, la presenza di Santi ha reso più umana la vita e la convivenza tra le generazioni, perché ha testimoniato che Dio esiste e che per questo tutto trova ragione.
Abbiamo dunque bisogno di santi, non di astrologhi, ma soprattutto abbiamo bisogno di riscoprire che l’unica Scepsi seria è la ricerca del vero.