Il debito educativo dei genitori
Fuori del Coro | n. 02-2010
La sentenza che ha condannato i genitori di alcuni ragazzi, colpevoli di violenza sessuale, ad un cospicuo risarcimento è destinata ad aprire un dibattito per le specifiche motivazioni di tipo educativo che l’hanno motivata. I genitori vengono, infatti, riconosciuti colpevoli di non aver educato i sentimenti dei figli al dovuto e necessario rispetto per l’esercizio di una sessualità che non sfociasse in violenza, cioè di non aver adeguatamente fatto crescere la loro affettività verso l’altro sesso. Il caso è esemplare: la scelta di questa sentenza è certamente di tutelare la vittima, punendo il reato di violenza di gruppo, ma non solo indica la volontà di salvaguardare la dignità della persona offesa nella sua intimità sessuale sino a ridurla a mero oggetto di un piacere bestiale, ma chiama in causa, trattandosi di minorenni, la responsabilità dei genitori per non aver assolto al loro compito educativo di vigilare sui sentimenti ed emozioni dei figli nell’ambito dello loro pulsioni sessuali.
C’è da dire che educare ad un autentico sentimento di amore rispettoso della persona non è facile, soprattutto in un clima culturale che ha reso la sessualità merce di scambio, pur tuttavia è interessante che il Tribunale riconosca che vanno risarciti non solo i danni morali e materiali, ma anche quello che potremmo definire il “debito educativo”, che un padre ed una madre contraggono per il solo fatto di diventare genitori, che in questo caso non sarebbe stato adeguatamente onorato. Educare è compito proprio della genitorialità e precede ogni sanzione, ma è certo che educare il sentimento amoroso o la sensibilità affettiva non può essere ricondotto alla sola prescrizione giuridica, dal momento che riguarda la dimensione etica della relazione tra persone. Ciò significa che questa sentenza implica il costume prima della norma, intervenendo nell’ambito della sessualità, considerata da molti fatto privato senza regole, come dimostra l’irrisione di modelli che nobilitano la fedeltà e il carattere spirituale (non solo erotico/affettivo) del rapporto uomo-donna. Un costume diffuso considera, infatti, il piacere fisico come lo scopo unico della relazione amorosa, esaltando l’esercizio della sessualità come “prestazione” legata alla “volontà di potenza” degna di un “conquistatore”. Di qui la difficoltà della famiglia di lottare contro le molteplici suggestioni di una cultura che nega, ad esempio, la castità come valore o che deride forme di pudore e di rispetto di sè che impediscono di concedere facilmente il proprio corpo all’altro. Ciò aumenta lo scarto tra il debito educativo che i genitori contraggono verso i figli per il solo fatto di averli generati e la possibilità di accompagnarli nelle loro incertezze e fragilità dentro l’avventura della vita. È di questo esempio nel vivere anche l’amore senza rinunciare alla sua sacralità che un figlio ha bisogno, anche se nessuno potrà mai annullare la sua responsabilità nel governare i propri istinti. La verità è che l’emergenza educativa è realmente grave e diventa più evidente quando si ha a che fare con una straordinaria forza della Natura quale è la sessualità con i suoi impeti irrazionali e le sue emozioni. E il vero risarcimento è la fatica di educare bene la libertà.