Gp Cottini

Questo sito intende presentare la personalità e le opere del filosofo Giampaolo Cottini, a partire da una selezione ragionata di articoli curati per il quotidiano “La Prealpina“.

Il fascino delle Olimpiadi

Fuori del Coro | n. 30-1996

Le Olimpiadi del centenario saranno ricordate soprattutto per la tensione provocata dagli attentati che le hanno funestate, ma anche per il carattere veramente planetario delle comunicazioni giornalistiche che le hanno accompagnate. Oggi viviamo davvero in un “villaggio globale”, ed anche lo sport non è più impresa che riguarda solo l’abilità del singolo di affermare la sua superiorità fisica: oggi lo sport è un colossale business, ed insieme un fatto di costume ricco di implicazioni che hanno poco da spartire con il semplice agonismo. La platea dei giochi è mondiale e tutto deve funzionare perfettamente come espressione di una festa che deve essere l’apoteosi dell’entusiasmo collettivo.

La fastosa cerimonia inaugurale ha voluto creare un palcoscenico d’effetto alla glorificazione dello sport, con il tocco, per certi versi patetico, dell’antico campione di pugilato che accende la fiamma olimpica mostrando i segni evidenti del declino della vita, quasi a creare l’immagine di qualcosa che permane nel tempo al di là della prestanza fisica e degli onori della cronaca. E poi il susseguirsi delle gare, affascinanti soprattutto quando hanno fatto crollare qualche record importante ai limiti delle umane possibilità, o quando si sono viste autentiche scene di disperazione di fronte alla sconfitta accanto ad esplosioni di gioia per la vittoria. Fatti di umanità dunque che diventano fatti di costume, perché coinvolgono gli spettatori di un universo mediale con immagini ai limiti tra la fiction e la realtà.

Ma perché lo sport, e le Olimpiadi in modo particolare, colpiscono tanto l’immaginario collettivo? Forse perché nell’atleta scorgiamo qualcosa che svela la profondità dell’esperienza di tutti. La vita è sempre una lotta con se stessi, in una tensione ad autosuperarsi e a varcare i limiti del già noto e del già fatto, in una competizione che si misura con i risultati già conseguiti. Quello che vale nello sport non è solo vincere (“l’importante è partecipare” si è sempre detto!) ma è mettersi alla prova in tutte le componenti del proprio essere: la concentrazione psichica, la prestanza fisica, l’intelligenza, la capacità di misurare le energie e di dosare le forze. Insomma, lo sport affascina perché vediamo in esso, al di là delle esasperazioni commerciali, l’uomo nella sua capacità di confrontarsi con il limite nel tentativo di non farsene definire.

Sfondare il record dei cento metri fa provare il brivido di essere oltre l’umano; eseguire un perfetto esercizio atletico sfruttando abilità e forza muscolare fa sentire più liberi; altrettanto vincere un oro quando l’avversario più qualificato fa un clamoroso errore fa percepire una vittoria sull’imponderabile. Lo sport è un confronto con quello che apparirebbe impossibile, vissuto dallo spettatore immedesimandosi nelle emozioni di chi gareggia. Perciò in qualche modo lo sport è una metafora del desiderio umano, è un simbolo del sogno di uscire dalla banalità del quotidiano per attingere un’energia di vittoria per le piccole o grandi sconfitte che ciascuno subisce. Per questo si guarda con simpatia all’atleta che brucia in pochi istanti una preparazione durata magari anni, avendo anche ammirazione per il vincitore che abbraccia sportivamente lo sconfitto per mostrargli non solo la cortesia del vincente ma anche la sua solidarietà per lo sforzo deluso.

Nello sport, nonostante tutto, c’è l’uomo con le sue trepidazioni e le sue aspettative, con la sua esultanza e la sua disperazione: per questo almeno alle Olimpiadi diventiamo tutti sportivi, anche chi durante l’anno non si premura certo di leggere la Gazzetta dello Sport.

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