Il filo della speranza
Fuori del Coro | n. 09-2004
L’inizio dell’anno reca con sé le attese e le trepidazioni di una nuova nascita: come dinanzi ad un bambino appena venuto al mondo c’è curiosità per il suo destino, così il Capodanno propizia la speranza di un futuro buono da vivere. Gli indicatori sociali e culturali non sembrano però lasciare spazio all’ottimismo: l’economia è in recessione, il vivere sociale è pieno di incertezze, la pace internazionale è minata dal terrorismo e da rigurgiti di fanatismo, la cultura non propone idee nuove, ed anche le relazioni quotidiane sembrano diventate superficiali o strumentali. Insomma, pare proprio che l’inizio del 2004 non riservi orizzonti esaltanti né prometta prospettive veramente positive in cui sperare
Sarebbe però banale guardare al futuro facendo l’inventario dei fallimenti o delle delusioni dell’anno passato, o peggio affidandosi ad improbabili previsioni astrologiche da cui non possono derivare certezze; occorre semmai riprendere coscienza di sé e cercare le ragioni per poter sensatamente sperare in qualcosa di buono. La certezza della positività può, infatti, scaturire quando l’io percepisce il sentimento di una promessa da realizzare, poichè la vita contiene una ricchezza sin dal suo venire all’esistenza, ricchezza che si esprime nel desiderio di pienezza con cui ognuno dà inizio ad ogni azione vincendo la tentazione dello sconforto. È originaria l’intuizione che la vita non può essere un’assurda storia priva di significato, ed è da questa certezza morale che si deve partire per guardare al tempo come al “luogo” del compimento di compiti cui ciascuno è chiamato.
L’inizio dell’anno invita, perciò, alla riscoperta della propria vocazione: come un bimbo appena nato inizia ad esistere singolarmente per il nome che gli viene dato, così un nuovo anno comincia a realizzare le sue promesse quando ciascuno decide di viverlo con la responsabilità del proprio volto, con l’energia di chi s’impegna a realizzare il suo compito. Così l’inizio dell’anno non verrà imprigionato nella preoccupazione dell’ignoto o nell’attesa fatalistica di qualcosa di confuso, ma potrà generare il gusto della ripresa di responsabilità dinanzi a ciò che fa parte del dono dell’esistenza nel tempo. Se il tempo viene ancora ridato ad ognuno (attraverso il cambio della cifra del calendario che lo rende simbolicamente presente), ciò significa che può essere utile e costruttivo, altrimenti sarebbe tutto assurdo, compresa la sequenza necessaria dei giorni.
L’Essere è indomita positività perché è l’antagonista del nulla; la verità e le opportunità di bene sono in grado di vincere la menzogna e l’assurdo; la vita di ogni uomo libero e responsabile è l’antidoto alla ripetitività meccanica. Con questa speranza si può ricominciare, liberi dalla vaga aspettativa di un imprecisato miglioramento o dall’illusoria attesa di vincere alla lotteria della vita, poiché se il positivo è all’inizio, certamente sarà presente anche lungo tutto il cammino.
Il filo della speranza può dunque rinascere dentro ognuno, a patto di riconoscere qualcosa che sta prima; e potrà essere riannodato nell’apertura alle novità che certo quest’anno 2004 ci riserverà. Si tratta solo di guardare con fiducia a tutti i tratti dell’umano che ci verranno incontro, per scovarne la rivelazione di quel Mistero dell’Essere che continuamente ci costituisce e ci supera. È come dire che l’approccio al futuro dipende dalla libertà, anche se non tutto può essere previsto e governato; perché la speranza è questione di sguardo limpido e positivo non di programmazione o di semplice controllo dell’imprevisto. Iniziare bene significa riscoprire quel filo della speranza che non si rompe mai, ed è con questa certezza che auguro un buon anno a tutti.