Il Papa e gli artisti
Fuori del Coro | n. 20-2009
L’incontro del Papa con protagonisti dei vari settori dell’espressività artistica è un altro importante capitolo dell’amore, anzi dell’alleanza, che la Chiesa da sempre ha vissuto verso l’arte. Non solo la Chiesa è stata nei secoli la principale committente di opere d’arte, ma da sempre ha sostenuto che la manifestazione della bellezza (indipendentemente dal soggetto sacro) è uno dei segni massimi della grandezza di Dio. Il Bello è coessenziale alla natura divina, e si offre visibilmente nella concretezza materiale delle opere d’arte muovendo la totalità della persona (razionalità, libertà, affettività) con le sue suggestioni particolari. “L’arte è fatta per risorgere” scriveva un poeta polacco caro a Giovanni Paolo II, ed è proprio vero: chi non avverte una strana sensazione di gioia e gratitudine ascoltando un brano musicale di Mozart o contemplando un quadro di Beato Angelico? O chi non si commuove leggendo certi versi di Dante o guardando un capolavoro del cinema?
L’arte esprime qualcosa di unico perché riporta l’uomo alla sorgente del Mistero facendo presagire la vera bellezza dell’Essere, ed in ciò è uno dei miracoli di quell’essere “a immagine e somiglianza di Dio” con cui la Genesi descrive l’impronta del presentarsi dell’uomo nel mondo. Certo, nell’arte si partecipa in qualche modo alla potenza creatrice di Dio, perché si fa esistere qualcosa di nuovo e significativo che è riconoscibile da tutti come un valore, e nell’opera d’arte non si esprime la semplice originalità o genialità di un uomo, ma si mostra la verità che unisce tutti. Per questo la Chiesa ama il Bello in tutte le sue manifestazioni, perché nella bellezza è più semplice scoprire in maniera suggestiva ed integrale la “gloria” del Creatore. Ed in tal senso proprio l’universalità del genuino messaggio artistico è uno dei migliori antidoti al relativismo conoscitivo e al nichilismo etico. L’arte non è semplice riproduzione della realtà, né tanto meno una sua arbitraria deformazione, ma è uno spiraglio di luce sul “senso” delle cose, e per questo ha una radice ultimamente religiosa, indipendentemente dal suo contenuto. Non solo, ma possiede una forza propulsiva che fa esplodere nell’anima il desiderio di Bene che abita ogni individuo che non rinunci ad essere se stesso. Per questo Benedetto XVI ne ha riproposto la valenza etica, che diventa redentiva nei confronti del Male, che serpeggia oggi più che mai avendo sempre le sembianze del Brutto.
Da qui la responsabilità dell’artista di plasmare la realtà secondo la sua arte, cosciente di aver ricevuto una grazia, un talento da spendere nella gratuità del dono per abbellire la storia dell’umanità di una Verità più grande. E da qui la stima della Chiesa non solo per l’arte sacra, che è stata nei secoli passati anche il primo strumento di catechesi e di comunicazione dei contenuti della fede, ma per ogni espressione che con sincera attitudine si volga a rendere più presente la Bellezza come tale. L’ambiente della Cappella Sistina, in cui si è svolto l’incontro di Benedetto XVI con gli artisti, è stata la degna cornice di quel congiungersi del dito di Dio con la mano di Adamo, con cui Michelangelo ha voluto dipingere l’indistruttibile unità dell’uomo con il suo Creatore nel rendere presente il Bello. Perciò si rivela sempre più la responsabilità di chi ha ricevuto un talento artistico, responsabilità che risiede nel non tradire il compito di partecipare con la sua opera alla creatività stessa di Dio.