Gp Cottini

Questo sito intende presentare la personalità e le opere del filosofo Giampaolo Cottini, a partire da una selezione ragionata di articoli curati per il quotidiano “La Prealpina“.

L’attesa di salvezza

Fuori del Coro | n. 20-2010

Furtivamente come ogni anno giunge il Natale. Preparato dal gioco delle luminarie e dallo shopping affannato dei regali, arriva tra le musiche della tradizione e i riti culinari la festa più amata ed ancora più sentita dalle famiglie. Anche quest’anno risuona però l’inquietante domanda: cosa troveremo sotto l’albero o cosa ci aspetta da Santo Stefano in poi? Sono giorni in cui il sentimento prevalente è di crisi (economica, politica, morale), tanto da suscitare il dubbio che il Natale sia solamente il tentativo un po’ consolatorio di strappare qualche posticcio attimo di serenità ad un mondo che demoralizzerebbe chiunque, l’illusione fiabesca del ritorno impossibile ad un’infanzia troppo lontana dalla cattiverie e dalle contraddizioni della Storia.

Ma l’uomo è sempre definito dal suo desiderio e da ciò che attende; da un desiderio che non può essere rinchiuso nella sola aspettativa di un benessere materiale, ma che suscita piuttosto l’attesa di qualcosa che cambi il grigiore della normalità inondando il quotidiano di una luce nuova. Per questo il Natale non può essere atteso e vissuto come un fatto scontato che ha posto solo nel calendario del già noto e risaputo. O è la risposta al più profondo desiderio dell’uomo, oppure è inutile e malinconico.

Ma di che cosa abbiamo bisogno se non di essere salvati? L’uomo è, infatti, principalmente attesa di salvezza, non solo di felicità, ma proprio di salvezza. La parola è impegnativa per una cultura tecnologica come la nostra che fa dell’autosufficienza la sua prima virtù. Ma se guardiamo bene, c’è sin dalla nascita di ognuno la richiesta di quel compimento che nessuno può darsi da sé, tanto è infinito il bisogno che la condizione umana venga riscattata. Il Natale è esattamente il giorno dell’inizio della nostra salvezza, come dice la Liturgia, perché l’uomo è salvato solo da Dio, a patto che Dio si metta Lui stesso alla portata di ogni io.

Favole? No certamente per chi crede! E ciò diventa più persuasivo da quella notte di Betlemme in cui è nata una storia buona che giunge sino a noi aprendo alla speranza.

C’è però una condizione per scoprire la bellezza del Natale: tenere gli occhi aperti e desti a quanto accade, per scoprire che in quel fatto di duemila anni fa è presente una novità assoluta: la certezza che la vita ha senso ed è destinata a compiersi pienamente, al di là di ogni umana contraddizione. Solo Dio può salvare l’uomo dal suo limite che ha nella sofferenza e nella morte le sue sconfitte più dure; solo Dio fa rinascere una solidarietà gratuita tra gli uomini rendendoli prossimi l’uno agli altri; solo Dio può ridare vigore alle braccia infiacchite di chi vive la fatica del quotidiano.

Questo è il senso laicissimo del Natale che non è festa solo dei cristiani, ma è apertura ad un comune sentimento che ci fa riconoscere “nella stessa barca” in quanto tutti in attesa di salvezza che non si identifica nella maggiore o minore ricchezza, nella migliore o peggiore salute, nel successo o nell’insuccesso. Per questo anche la crisi che tutti ci sentiamo addosso può essere vista come sfida e non come sconfitta, come stimolo ad avere ancora “desideri grandi” e “volare alto” superando le grettezze di un’esistenza vissuta al minimo. Il Mistero di quel Bambino è il richiamo ad uscire dal già saputo per riprendere in mano la vita, cercando di rimanere desti nell’attesa ed aperti all’irrompere della novità che i segni del Natale lasciano.

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