Nostalgia della purezza
Fuori del Coro | n. 27-2002
Gli inizi dell’estate invitano a pensieri raccolti e capaci di ritemprare il fisico e lo spirito dopo mesi di lavoro, facendo rinascere una nostalgia di autenticità della vita e di una purezza quasi infantile con cui guardare sé e la realtà. È il desiderio di uno sguardo limpido, non viziato da interessi e convenienze, con cui riscoprire semplicemente ciò che vale veramente. Per questo non è tempo di solo svago (nel senso di vagare lontani da sé), né di puro divertimento (nell’etimologica accezione di divergere da sé): è tempo di ricreazione, nel significato letterale, cioè di nuova creazione dell’io nella ricostituzione delle sue dimensioni più profonde.
In questa prospettiva sono rimasto provocato dal ricordo che Giovanni Paolo II ha fatto di S. Maria Goretti nel centenario della morte, subita come martirio a difesa della sua verginità insidiata da un giovane che la voleva violentare. Siamo abituati a pensare alla Santa bambina come un esempio troppo lontano e datato della purezza femminile, esempio che oggi sembra del tutto improponibile nella civiltà dell’eros e del sesso libero e sfrenato: come si possa morire per difendere la propria purezza ci è impensabile, eppure oggi la violenza contro la donna per impadronirsi ed abusare del suo corpo è più che mai all’ordine del giorno. Ma, se è unanime la condanna contro i violentatori, non altrettanto è corale l’apprezzamento per la donna che tenga a salvaguardare la purezza della sua verginità. Così la piccola Maria Goretti è presentata come l’emblema di un’arcaica civiltà contadina sessuofoba, e l’accento è semmai posto sulla libera scelta che porta la donna a concedersi come, quando e a chi vuole.
Il Papa, invece, la propone alla gioventù come modello non di eroismo moralistico, ma esempio di come si possa dare valore a tutto, compreso la grazia della propria femminilità, concepita come dono e non come “cosa” da “usare”. La sua purezza non nasce dall’obbedienza a costumi più morigerati e castigati di quelli attuali, ma semmai dalla coscienza che tutto è dono e che la relazione non è anzitutto fondata su un’attrattiva esteriore e sulla ricerca di un godimento immediato, bensì si radica nello sguardo limpido con cui si guarda ogni cosa. Perciò anche il sesso, con la carica di piacere che gli è proprio, non può essere il fine ma il mezzo per entrare in rapporto con la persona amata, poiché solo questo rende autentica la passione con cui un uomo ed una donna possono unirsi totalmente.
Sono discorsi lontanissimi dall’odierno sentire, ma una posizione umanamente libera avverte quel senso di limpida purezza cristallina che la posizione di questa “piccola donna” ancor oggi trasmette, ben al di là di ogni oleografica rappresentazione pietistica. Un senso di semplicità e di immediatezza nella difesa del valore, che affascina in quanto costringe ad andare in profondità: cosa si cerca nel rapporto, spesso istintivo e passionale, con persone e cose? Maria Goretti ci risponderebbe: la profondità di un mistero di amore che conduce persino a perdonare il proprio violentatore e a pregare per il miracolo del suo ravvedimento. E questo sguardo è puro non perché obbedisca al precetto del non concedersi, ma perché va al di là della schiavitù dell’immediatezza aprendo la profondità della verità.
Cosa può allora insegnare questa figura ad un giovane d’oggi (ma anche agli adulti)? Che la purezza non è questione di moralità anzitutto, ma di conoscenza: nasce dalla nostalgia dell’origine, dall’ingenuità primordiale dell’attimo in cui tutto è visto come scaturigine del dono della creazione. Per questo, senza paura di essere “fuori moda”, la purezza può essere ancora cercata come virtù che introduce con maggiore autenticità nel rapporto con la realtà.