Primi bagliori
Fuori del Coro | n. 01-2000
Il 2000 si è aperto con un’apoteosi di luce: fuochi d’artificio hanno invaso tutte le piazze d’Italia e del mondo portando un beneaugurante tripudio di luci e di giochi luminosi. Si temeva chissà quale cataclisma informatico, si cercavano stranezze per esorcizzare il cambio del millennio, si discute ancora del fatto che in realtà siamo ancora nel XX secolo almeno sino al prossimo 31 dicembre, eppure qualcosa sentiamo che è cambiato, non tanto nell’esteriorità degli eventi (che in realtà ripropongono le identiche contraddizioni del passato), quanto nell’atteggiamento di attesa con cui ci sentiamo di guardare il futuro con un minimo di speranza in più.
La solennità dell’epifania, festa di luce anch’essa, conclude il ciclo delle festività tradizionali ed introduce la ripresa della ferialità; ma, a ben guardare questa epifania invita a prendere sul serio qualche primo bagliore di civiltà e di rinnovamento della vita e del costume, che possiamo rinvenire in qualche segno che, seppur piccolo, indica una novità. D’altra parte la tradizione rivelata vuole che tre vecchi saggi siano andati a vedere un bambino in una capanna, per scoprire lì la chiave di volta della storia, divenendo nei secoli il simbolo più bello e misterioso dell’inesauribile ricerca di verità e felicità libera dai pregiudizi. Seguirono la luce di una stella, fidandosi di segni e mettendo in gioco la loro sapienza di fronte all’imprevisto, mostrando che si può vincere il pregiudizio del già saputo e scoprire la novità anche in piccoli indizi. Per questo è ragionevole cercare anche oggi l’epifania (cioè la manifestazione) di una luce per l’oggi, o almeno l’albore di una rinnovata certezza per cui vivere.
Ora il nuovo anno si è aperto con almeno due segni interessanti, uno laico ed uno religioso: il discorso del presidente della Repubblica, più sobrio e concreto che in passato, e l’incontro del Papa con i bambini come prima cerimonia di massa del Giubileo dopo l’apertura della Porta santa. Abbiamo visto ed ascoltato due uomini importanti, anziani ma ben vigorosi nella loro proposta, che hanno messo a tema con chiarezza il primato dei giovani e dei bambini nella progettazione e nella costruzione del futuro. Due personaggi che non difendono il passato, arroccandosi in privilegi già consolidati, ma che guardano a chi sta crescendo con uno sguardo di speranza per le giovani generazioni. Ciampi ha insistito tanto sulla fiducia in se stessi, il Papa ha richiamato il mondo al rispetto per i bambini che sono realmente gli uomini di domani, come a significare che c’è nella giovinezza e nella fanciullezza un’enorme risorsa tutta da scoprire, capace di gettare luce e bellezza nella vicenda umana, ben al di là del rassegnato cinismo che accompagna gli adulti.
Perciò il passaggio del Duemila rimane comunque affascinante, perché chiede di fare il punto sulla vita di ognuno, sia nella prospettiva della memoria sia nella dimensione dell’attesa: i problemi ci sono, e gravi, il mondo è complesso ed insieme più unito, le relazioni quotidiane chiedono di essere rinnovate per superare la mercificazione e l’indifferenza. Ma il compito, oggi, per essere veramente “fuori del coro” (cioè non omologati e schiacciati dal piatto conformismo) è proprio quello di cercare all’orizzonte i bagliori di luce di una civiltà che sta rinascendo, scoprendo e valorizzando i primi segni di un mondo che cambia grazie a soggetti storici vivi e dinamici, che sappiano favorire un passaggio generazionale sostenuto dalla fiducia e dall’assenza di pregiudizi. Riprendendo il nostro dialogo settimanale vorrei aiutare a cogliere proprio questi barlumi di novità, questi primi bagliori di una civiltà che rinasce: è la sfida aperta dal 2000.