Salvati dalla bellezza
Fuori del Coro | n. 16-1999
“La potenza del Bene si è rifugiata nella natura del Bello”, scriveva Platone nel Filebo, e mai come oggi questa frase suona vera in un mondo in cui sembra non esserci più posto per la potenza salvatrice della bellezza. Già Dostoevskij aveva profeticamente intuito che solo “la bellezza salverà il mondo”, perché solo nello splendore del bello l’uomo ritrova il senso dell’insondabile mistero che lo costituisce, gustandone il fascino e apprezzandone la totale gratuità. Per questo l’arte è sempre stata sorgente di civiltà e segno di una creatività che sfugge alle logiche del potere o degli interessi materiali, in quanto schiude una comprensione dell’esistenza altrimenti irraggiungibile.
Oggi la potenza del Bello è offuscata dalla ricerca dell’utile, dal dominio dell’efficienza, dalla pretesa del controllo su tutto, con il risultato che la vita è divenuta più precaria e abbandonata alla violenza e alla disperazione. Si capisce allora quanto sia profondamente pertinente anche al nostro drammatico passaggio storico la lettera agli artisti inviata dal Papa in occasione dell’ultima Pasqua del millennio; una lettera in cui Karol Wojtyla, lui stesso poeta e drammaturgo, si rivolge ai colleghi di tutte le arti per incoraggiarli a ritrovare il significato della loro vocazione alla bellezza.
Con un linguaggio di straordinaria pregnanza simbolica, il Papa si rivolge nella sua lettera a “quanti con appassionata dedizione cercano nuove epifanie della bellezza per farne dono al mondo nella creazione artistica”, paragonando il talento dell’artista alla potenza creatrice di Dio, che al termine della creazione vide che tutto era molto buono. Infatti nell’arte si manifesta una profondità dell’essere che va ben oltre ogni riduzione della realtà all’orizzonte del puramente sensibile e materiale. “La bellezza è cifra del mistero e richiamo al trascendente. È un invito a gustare la vita e a sognare il futuro”, nel senso che attraverso l’opera d’arte si è messi in contatto con il fascino stesso della creazione, in quello stupore che fa trovare l’energia necessaria ad affrontare il presente e progettare il futuro, come dice il Papa: “di fronte alla sacralità della vita e dell’essere umano, di fronte alle meraviglie dell’universo, l’unico atteggiamento adeguato è quello dello stupore…Dallo stupore potrà scaturire l’entusiasmo di cui hanno bisogno gli uomini di oggi e di domani per affrontare e superare le sfide cruciali che si annunciano all’orizzonte”.
Dunque l’arte non è un optional estetico aggiunto alla funzionalità normale della vita, ma è sorgente di autocomprensione dell’uomo, perché apre la via al bene cui ognuno tende con tutte le sue forze. Infatti c’è una profonda unità tra il bene e il bello, come ben esprime l’arte classica, perché “la bellezza è l’espressione visibile del bene, e il bene è la condizione metafisica della bellezza”. La storia dell’arte è documentazione di questa unità che la Chiesa (il massimo committente di capolavori nella storia) ha sempre sostenuto, con una particolare attenzione in epoca moderna anche alle espressioni non direttamente legate all’arte sacra, come testimonia la squisita sensibilità di Paolo VI che si rivolse agli artisti ricordandone il “nobile ministero” della bellezza. La bellezza, infatti, impedisce al mondo di cadere nella disperazione ed offre “un frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione”.
Così l’arte diventa strumento di rinascita del popolo, secondo stili adeguati alle diverse epoche, e l’artista offre con il suo genio un vero servizio al bene comune, come testimonia il lungo elenco di nomi citati dal Papa, che non esita a dire “la società ha bisogno di artisti”.