Sull’amicizia
Fuori del Coro | n. 31-1997
Nel mese di agosto il quotidiano Avvenire offre ai suoi lettori dei racconti dedicati all’amicizia, e la scelta mi pare ottima visto che il tempo estivo non è fatto solo di intriganti quanto effimere avventure amorose, ma è anche occasione propizia per costruire o approfondire delle vere amicizie. Ma che cos’è realmente l’amicizia?
Già Cicerone nel suo trattatello filosofico Laelius de amicitia scriveva che l’amicizia non deriva dai favori che si spera di poter ottenere dall’amico, né dalla convenienza che da essa è possibile trarre, nascendo l’amicizia da un’inestinguibile esigenza della natura umana di aprirsi all’altro; ne dava perciò questa suggestiva definizione “l’amicizia non è nient’altro che una grande armonia di tutte le cose umane e divine accompagnata da benevolenza e da affetto”, ad indicare che l’esperienza dell’amicizia non è casuale, ma si colloca all’interno di un ordine universale che unisce misteriosamente la realtà umana a quella divina.
A Cicerone fa eco il famoso testo della Bibbia: “un amico fedele è una protezione potente,/ chi lo trova, trova un tesoro./ Per un amico fedele non c’è prezzo non c’è peso per il suo valore./ Un amico fedele è un balsamo di vita,/ lo troveranno quanti temono il Signore./ Chi teme il Signore è costante nella sua amicizia,/ perché come uno è, così sarà il suo amico” (Siracide 6,14-17). L’amicizia infatti rimanda ad una qualità di relazione che affonda le sue radici nella profonda affezione al destino originario dell’altro, sino al punto di desiderarne il bene più della stessa propria affermazione, nella certezza di una reciprocità e fedeltà per cui l’amico è disposto a fare altrettanto. Quindi caratteristica dell’amicizia è la passione totale per l’esistenza dell’altro proprio in quanto se ne riconosce l’appartenenza ad un destino comune che giustifica persino il sacrificio per lui (come dice il Vangelo “nessuno ha amore più grande di chi offre la vita per i suoi amici”). Per questo mi piace particolarmente la definizione “l’amicizia è un rovesciare la propria esistenza nella vita dell’altro” data da Don Luigi Giussani, che ha dell’amicizia un senso così elevato e pieno di gratuità da affermare che il motivo vero ed unico dell’essere amici sta nel semplice riconoscere che l’altro è, esiste nel mistero di una realtà non prodotta dalla propria capacità e perciò non dominabile. Perciò l’amicizia nasce dallo stupore della presenza di un altro io che entra in relazione con me, interessandosi alla mia vita e diventando disponibile a giocarsi totalmente e fedelmente nella reciprocità di un impegno per la vita.
Poter vivere questa esperienza è certamente la consolazione più grande per un uomo, perché dà la certezza di non essere soli e consente di sperimentare la lealtà, il rispetto, la magnanimità, la stima, la fiducia, la comprensione, il senso di appartenenza alla comune umanità in una dimensione di chiarezza e trasparenza al di sopra di ogni interesse particolare. Per questo l’amico comunica all’amico tutto quello che di bello, di vero e di giusto gli accade di sperimentare, in un desiderio di compagnia sincera da cui prende inizio anche la realtà di un vero popolo. Infatti l’amicizia non è esperienza intimistica di uno star bene insieme all’altro, ma è generatrice dell’aggregarsi tra persone per uno scopo, che non può essere diverso dal cercare un modo migliore di vivere tutta la vita sociale. È quanto diceva ancora Cicerone affermando che l’amicizia può esistere solo “tra i buoni” perché essi vogliono insieme perseguire solamente il Bene, senza cadere nel sottile egoismo di usare l’altro per vincere la solitudine o, peggio, per costruire lobbies funzionali ad interessi estranei alla vera amicizia.
In un’Italia delle amicizie interessate vale dunque la pena di coltivare l’Amicizia vera, riscoprendola come via ad un’umanità più autentica.