Voglia di filosofia
Fuori del Coro | n. 33-2003
Ha fatto scalpore lo straordinario successo ottenuto dal recente Festival della Filosofia di Modena, che indica una decisa ripresa di interesse per la riflessione e le letture filosofiche sia tra i giovani che tra gli adulti. Qualcuno se lo spiega trovando naturale che una società in crisi di valori e provata dal timore della recessione economica vada in cerca di una nuova “sapienza”; ma stupisce che dopo decenni di “maestri del nulla” rinasca una passione per i grandi classici della filosofia (da Aristotele a Kant, da Platone a S. Agostino), e che intere piazze siano gremite per ascoltare le “lezioni magistrali” dei più bei nomi del pensiero contemporaneo.
Il tema del festival filosofico era la Vita, ed è sintomatico che a parlarne siano stati invitati studiosi di varie provenienze, tra i quali il celebre teologo J. Moltmann noto per aver elaborato negli anni ’70 la Teologia della Speranza. Infatti, la sfida cui l’uomo (e conseguentemente la filosofia) deve far fronte è la mancanza di speranza nel futuro, dovuta al radicale non-senso in cui si è voluto imprigionare il presente. La speranza non può essere il vestito nuovo da sovrapporre al nulla della quotidianità, ma deve possedere ragioni fondate e legarsi alla positività dell’essere per convincere e divenire certezza dell’oggi.
Da qui l’urgenza di superare il dubbio del nichilismo e dello scetticismo teorico e pratico, che sono state le cifre della cultura filosofica del ‘900, per riprendere una ragione robusta e propositiva, capace di parlare in pubblico e di demolire stereotipi menzogneri troppo consolidati. La strada è quella dell’antica sapienza, che si dimostra più realistica della via di una meditazione di stampo orientaleggiante, che se cerca di creare uno stato psicologico di benessere non riesce però a rispondere sostanzialmente all’inquietudine dell’anima. La filosofia (quella degli autori imparati al Liceo) torna invece a parlare perchè fa pensare al destino dell’uomo, che si realizza nella pienezza dell’essere non nell’assurdità del nulla, nell’apertura al desiderio di felicità non nella schiavitù del languido pessimismo che conduce alla morte. Perciò della filosofia si riscopre sia la prospettiva teoretica della visione dei principi ultimi del reale, sia quella etica che indica il senso dell’agire nei dilemmi di tutti i giorni.
Soprattutto i giovani vogliono oggi “buoni maestri” di pensiero e di vita, e questo accresce la responsabilità di non produrre solo standard di benessere ma di offrire itinerari di senso affascinanti e plausibili, che possono passare attraverso il recupero della tradizione filosofica, in quanto essa fa riscoprire le evidenze elementari: che l’essere è, che io ci sono, che tutto trova valore in relazione all’Infinito, che Dio è l’origine ultima e significante di ogni creatura. Non si tratta di dimostrare di nuovo ciò che i grandi pensatori hanno già chiarito con evidenza, ma di ritrovare la certezza positiva delle verità eterne che il pensiero ha documentato nella “Philosophia perennis”. Ciò rende la filosofia non roba da salotti, ma questione di tutti ed occasione di dialogo non solo tra filosofi di professione ma per chiunque non smette di essere uomo.
Ben vengano allora le occasioni come questo Festival, anche se molto più urgente diventa valorizzare le cattedre naturali (come la scuola o le iniziative di formazione per adulti), e ricreare gli spazi dei moderni areopaghi in cui dibattere i grandi nodi del pensiero. Ma la prima sfida rimane quella che insorge ogni mattina al primo destarsi della domanda con cui ognuno apre gli occhi: “vale la pena di vivere anche oggi?”. La risposta deve esserci, anche se va cercata più nella certezza dell’Essere che in raffinate riflessioni intellettuali.